NOTIZIA ESTRATTA DAL CORRERE DELLA SERA
dobbiamo accettare il fatto che dell’influenza A sono più le cose che non si sanno di quelle che si sanno di quelle che si sanno. Ma— ora che i dati su diffusione e ricerca si accumulano — possiamo provare a fare un primo bilancio di certezze/incertezze. Primo punto, ormai noto a tutti: siamo di fronte a una pandemia. Perché il virus è totalmente nuovo e come tale non trova difese nella popolazione (tranne che negli over 65, già venuti a contatto con un virus simile) e perché l’infezione si è ormai diffusa nel mondo.
Seconda osservazione, confortata dai numeri sia in Italia sia all’estero: i più colpiti sono i bambini e i giovani (i ricoveri in ospedale riguardano principalmente loro), mentre le donne in gravidanza sono la categoria più a rischio di complicanze, soprattutto se obese o con altre malattie (il 30 per cento delle ospedalizzazioni negli Usa).
Terza considerazione: non è detto che tutte le forme con febbre alta, mal di gola e tosse siano dovute alla nuova influenza. Ci sono anche le cosiddette ILI (influenza-like syndrome, sindromi simil-influenzali), frequenti in questa stagione. Secondo un dato che arriva dal Laboratorio di riferimento della Lombardia all’Università di Milano, diretto da Alessandro Zanetti, su 700 tamponi prelevati a persone non ricoverate, soltanto la metà è risultata positiva per l’H1N1. Si prevede, però, che quest’ultimo prenderà presto il sopravvento sugli altri virus.
Quarto dato certo: il vaccino previene l’infezione, riduce le complicanze e rallenta la circolazione del virus. Ma è proprio sul vaccino (in Italia per il momento ne esiste uno solo, il Focetria) che cominciano le incertezze, a partire dal numero di dosi: una o due? L’Emea, l’ente regolatorio europeo per i farmaci, formalmente ne indica due, ma rimanda alle autorità nazionali le decisioni dal momento che ancora non esistono sperimentazioni sufficienti. Secondo i primi dati che riguardano adulti sani, tra i 18 e i 60 anni, una sola dose sarebbe efficace. Lo stesso varrebbe per le donne in gravidanza, secondo i risultati di una sperimentazione americana appena condotta dai National Institutes of Health. Altro terreno scivoloso: quello della mortalità. Per avere dati sicuri, è indispensabile attendere che il numero delle persone colpite aumenti così da metterlo in rapporto con le morti. I calcoli, però, sono difficili: di solito si parla, anche per l’influenza stagionale, di «eccesso di mortalità». E cioè si contano, dopo un’epidemia, le morti in più rispetto al solito: queste morti comprendono sia quelle per influenza sia quelle per decessi dovuti ad altre malattie «aggravate» dal virus influenzale. Ultimo punto: l’evoluzione futura dell’epidemia. Per ora si possono ipotizzare tre scenari: scomparsa spontanea del virus (magari aiutata dai vaccini), pandemia moderata (se il virus rimane così com’è), pandemia ancora più imponente (se il virus muta).
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